CONTRIBUTO SCIENTIFICO
29 luglio 2021
DA PROCESSO PER STUPRO A TERRAZZA SENTIMENTO: LA DONNA COME VERA IMPUTATA O COME VITTIMA CONSAPEVOLE?
“Presidente, Giudici, credo che innanzitutto io debba spiegare una cosa: perché noi donne siamo presenti a questo processo. Per donne intendo prima di tutto Fiorella, poi le compagne presenti in aula, ed io, che sono qui prima di tutto come donna e poi come avvocato. Che significa questa nostra presenza? Ecco, noi chiediamo giustizia. Non vi chiediamo una condanna severa, pesante, esemplare, non c’interessa la condanna. Noi vogliamo che in questa aula ci sia resa giustizia, ed è una cosa diversa. […]. Vi assicuro, questo è l’ennesimo processo che io faccio, ed è come al solito la solita difesa che io sento: vi diranno gli imputati, svolgeranno quella difesa che a grandi linee già abbiamo capito. Io mi auguro di avere la forza di sentirli, non sempre ce l’ho, lo confesso, la forza di sentirli, e di non dovermi vergognare, come donna e come avvocato, per la toga che tutti insieme portiamo”.
Le parole che avete appena letto sono quelle che Tina Lagostena Bassi, in qualità di difensore della parte civile, pronunciò davanti al Tribunale di Latina nel processo nei confronti di Rocco Vallone, Cesare Novelli, Claudio Vagnoni e Roberto Palumbo, per lo stupro di una giovane ragazza di 18 anni.
Fiorella venne invitata da un Rocco Vallone, un conoscente, in una villa di Nettuno per discutere di una proposta di lavoro come segretaria presso una nuova impresa edile. La giovane lavorava in nero e la possibilità di avere un lavoro stabile e in regola significava molto per lei.
Ma ciò che trovò in quella villa fu inganno, umiliazione e violenza. Per un intero pomeriggio.
Fiorella non presentava segni di percosse o maltrattamenti, circostanza che rese il compito dell’accusa e della parte civile molto difficile. Alla prima udienza, la difesa degli imputati depositò la somma di 2 milioni di lire a titolo di risarcimento del danno; offerta che Tina Lagostena Bassi definì “una mazzetta gettata sul tavolo”.
I quattro uomini, durante l’istruttoria processuale, dichiararono di aver concordato con la ragazza un compenso di 200.000 lire per il rapporto ma di non averla pagata in quanto non soddisfatti; ammisero inoltre di averle offerto 1 milione di lire nella giornata successiva.
I difensori dei 4 imputati in aula distrussero letteralmente la figura di Fiorella: la descrissero come una bugiarda, perché non presentava alcun segno, come una prostituta, perché aveva degli amanti a pagamento e come la vera stupratrice.
Era il 1979.
Quarantuno anni e molti processi più tardi, la situazione sembra non essere cambiata.
La sera del 10 ottobre 2020, una ragazza di 18 anni si reca ad una festa organizzata dal re delle start-up Alberto Genovese, presso la propria dimora milanese, conosciuta da tutti nell’ambiente come “Terrazza Sentimento”, e ne esce il giorno dopo, seminuda, ferita e con una sola scarpa, dopo 24 ore di abusi e violenze indicibili.
È stata drogata, legata, violentata e seviziata contro la propria volontà.
Lo dicono i filmati delle videocamere presenti nell’abitazione di Genovese, lo dicono i referti del pronto soccorso e lo confermano le altre vittime del giovane imprenditore.
Il processo vero e proprio è ancora lontano ma quello mediatico è già nel vivo.
E così si dice che tutti sapevano, che le ragazze andavano a quelle feste per trovare droga gratis e consumare rapporti sessuali “estremi”.
La storia sembra ripetersi.
E in parte è vero ma, nel caso di Terrazza Sentimento, c’è un elemento ulteriore che rende questa vicenda differente da quella di Fiorella e, a parere di chi scrive, molto più che inquietante.
In attesa del processo vero e proprio, dalle notizie che sono trapelate in questa fase di indagini e dalle dichiarazioni delle persone coinvolte, si intravede un mondo squallido dove il sesso viene utilizzato dalle “ragazze di Terrazza Sentimento” come merce di scambio per poter consumare droga gratuitamente, partecipare a party esclusivi, ottenere regali costosi, trascorrere vacanze da sogno oltre a godere di molti altri benefits. Ragazze che considerano normale barattare il proprio corpo e la propria sessualità con l’ingresso e la permanenza in un mondo considerato dorato e che rappresenta per loro uno status symbol.
E allora non possiamo che chiederci che cosa sia cambiato nella mente delle giovani generazioni femminili da quel lontano 1979, quando Fiorella si recò presso una villa di Nettuno con la speranza di trovare un lavoro e invece incappò nella furia libidinosa di quattro uomini molto più grandi di lei.
Forse il non aver dovuto combattere per non essere additate come “ragazze che hanno amanti a pagamento” e il dare per scontati diritti che godono sin da quando sono nate e di cui non comprendono o peggio non conoscono l’origine e il significato, le ha trasformate in vittime consapevoli?
Ma una risposta è ancora molto lontana.
Il Dipartimento di Diritto di Famiglia e Minori della Fondazione AIGA “Tommaso Bucciarelli”